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Tocqueville, Charles-Alexis-Henri Clérel de.

Storico e politico francese. Fu uno dei massimi esponenti del Liberalismo ottocentesco. Nato in una nobile famiglia normanna, si laureò in Giurisprudenza e nel 1827 fu nominato giudice al Tribunale di Versailles, dove strinse amicizia con Gustave de Beaumont. Insieme a quest'ultimo partecipò alle lezioni di Guizot e intraprese lo studio della storia d'Inghilterra (1828-29). Ricevuto dal ministero degli Interni l'incarico di studiare il sistema penitenziario americano, dal maggio 1831 al febbraio 1832 soggiornò con Beaumont in Canada e negli Stati Uniti d'America, dove fu presentato al presidente Jackson. Il suo studio si estese all'organizzazione politico-sociale della democrazia americana, nella quale individuò un modello di sviluppo politico della società moderna. Tornato in Francia, T. lasciò la carica di magistrato e collaborò alla stesura dell'opera di Beaumont Il sistema penitenziario degli Stati Uniti e la sua applicazione in Francia (1833). Nel 1835 vide la luce, sotto il titolo La democrazia in America, la prima parte dei suoi studi sulla società americana: destinata a diventare un classico del pensiero politico liberale, quest'opera riscosse un enorme successo, venendo addirittura premiata dall'Académie Française (1836). In essa T. mostra, con metodo descrittivo, l'influsso dello Stato sociale democratico, caratterizzato dall'uguaglianza delle condizioni e dalla scomparsa delle distinzioni statiche per ordini, sulle istituzioni e sulla società politica. In questi anni (1835-36) T. visitò la Svizzera e l'Inghilterra; qui conobbe W. Nassau senior e J.S. Mill, sulla cui “Rivista di Londra e Westminster” pubblicò il saggio Le condizioni politiche e sociali dell'Inghilterra (1836). Dopo una lunga e travagliata stesura vide la luce, nel 1840, il secondo libro di La democrazia in America, dedicato all'analisi, condotta con metodo sociologico, dell'influenza dello Stato sociale democratico sulle idee, sui sentimenti, sui costumi, sulla società civile. Tuttavia, al centro dell'interesse dell'autore sta non tanto l'assetto della società americana, quanto il destino della società occidentale in generale: la seconda parte dell'opera è infatti dominata dalla preoccupazione, peraltro già evidente nel primo libro, che la composizione sociale atomistica generata dall'uguaglianza conduca, attraverso il conformismo di massa, all'istituzione di un governo dispotico e al progressivo svuotamento del concetto e della pratica della libertà politica. Nel 1839 T. divenne deputato alla Camera per il collegio di Valognes, nella cui carica fu riconfermato nelle elezioni del 1842 e del 1846. Nella sua attività parlamentare ebbe un ruolo di primo piano nella stesura della legge sull'abolizione della schiavitù, riferì sulla proposta di riforma carceraria e fu membro di una sottocommissione sulla questione algerina. Contrario alla linea politica di Guizot, T. si schierò nell'ambito dell'opposizione costituzionale, all'interno della quale mantenne ampi margini di autonomia: celebri rimangono i suoi interventi sulla crisi del sistema politico francese e sull'imminenza della rivoluzione. Nell'aprile 1848, dopo la caduta di Luigi Filippo e la proclamazione della Repubblica, T. fu eletto all'Assemblea Costituente, entrando nel gruppo della maggioranza moderata che instaurò il regime repubblicano. Prese parte alla stesura della nuova Costituzione, ma le sue proposte (Parlamento bicamerale, elezione indiretta del presidente, decentramento) non furono accettate; si dichiarò quindi contrario al “diritto al lavoro” e favorevole alla separazione dei poteri. Nominato ministro degli Esteri da O. Barrot (giugno 1849), perseguì una politica filoinglese e antiaustriaca, favorendo con la sua azione diplomatica la Turchia, la Svizzera e il Regno di Sardegna. Dimessosi in seguito allo scioglimento del Governo da parte di Luigi Napoleone (ottobre 1849), si ritrovò coinvolto nella lotta tra quest'ultimo e l'Assemblea Costituente per la revisione dell'art. 45 della Costituzione, sulla non rieleggibilità del presidente. Il colpo di Stato del 2 dicembre 1851 mise fine alla sua carriera politica; T. tentò invano di opporre resistenza, ma fu arrestato. Poco dopo venne comunque rilasciato. Ritiratosi dalla politica attiva, si dedicò alla stesura dei Ricordi, atto d'accusa contro la Rivoluzione del 1849: composti in parte durante un soggiorno a Sorrento (1850-51), essi videro la luce solo nel 1893, dopo la morte dell'autore. Nel 1856 T. pubblicò L'ancient régime e la Rivoluzione, primo volume di una più vasta opera sulla Rivoluzione francese che non vide mai la luce. Frutto di lunghe ricerche condotte anche in Germania (1854), questo libro chiarisce l'importanza della rivoluzione nell'evoluzione storica delle forme politiche liberali: in essa T. vede la tappa conclusiva del processo di accentramento politico e amministrativo iniziato dall'antico regime. Tuttavia, mentre nell'antico regime le conseguenze negative di questo processo (distruzione delle autonomie locali, perdita della libertà che proviene dalla partecipazione alla conduzione degli affari pubblici, individualismo e amore per il benessere) erano in parte attenuate dalla rilassatezza dell'Esecutivo, nella Rivoluzione e nell'Impero non esiste alcuna garanzia politica contro lo strapotere del Governo centrale. La libertà politica, conclude T., non può coesistere con il centralismo, in quanto essa comporta un decentramento politico-amministrativo e l'esistenza di istituzioni libere (Verneuil, Parigi 1805 - Cannes 1859).